giovedì 28 febbraio 2008

A BOCCE FERME

Bene. Anzi, male.
Piagnoni de Roma uniteve...
Rosetti ha aiutato l'Inter e questo lo si sa. Evidente la scarsa qualità arbitrale di quest'anno (ma prima c'erano i moggiopolifans!) e, si doveva mettere in conto che, in una partita delicata e forse decisiva per le sorti del campionato, l'arbitro avrebbe potuto sentire la sudditanza psicologica nei confronti dell'Inter. A parte il fatto che sembra che Moratti stia riguadagnando gli investimenti che, per anni, ha dedicato alla sua creatura (ma si sa come e da dove escono tutti questi capitali?) sia con lo scudetto dello scorso, con quello ereditato dalla Juve e, probabilmente quello di questa stagione, il ragionamento è comunque un altro.
Sono disponibile a vedere la realtà dell'aiutone (per dirla alla Totti) che Rosetti ha elargito ai nerazzurri evitando di ammonire - e di conseguenza espellere- Burdisso oltre all'episodio incriminato contro Mexes il che, messo insieme, ha decisamente condizionato gli ultimi minuti di un incontro che si era dominato per tutto il secondo tempo, MA la Roma aveva il dovere di mettere al sicuro il risultato, concretizzando il vantaggio con un secondo gol che avrebbe fatto naufragare ogni residua speranza interista. E così non è stato.
E' ovvio che si apre la teoria dei se e dei ma , tuttavia resta inoppugnabile il fatto che il primo errore è stata la presunzione della squadra giallorossa che non è riuscita nell'intento.
Per carità: bella partita, belle azioni, bel carattere ma tutto fino a 4' dal 90' dove il sogno si è trasformato in beffa e grazie alla reale complicità di un arbitro che non dovrebbe più farsi vedere sul terreno di gioco a vita.
Errore o svista o decisione conscia: non si saprà mai. Quel che è certo è che noi, dovevamo vincere contro l'Inter e contro tutti.

mercoledì 27 febbraio 2008

PERCHE'?


Che occasione perduta stupidamente.
Un pareggio che lascia inalterata una classifica che, doveva e poteva vedersi accorciare di 3 punti.
Eppure i segnali c'erano stati tutti ed erano inequivocabili. Un Inter che prendeva un clamoroso palo con Crespo. L'Inter in dieci, dopo aver effettuato tutti i cambi, una parata straordinaria di Doni. E con la Roma in vantaggio grazie ad una fucilata di capitan Totti che aveva gelato San Siro. Giallorossi che, nel secondo tempo e, soprattutto approfittando della superiorità numerica, celebrava la vittoria e collezionava facilmente giocate interessanti per andare sullo 0-2 e chiudere ogni speranza nerazzurra. E proprio quando mancava poco, un doppio giallo di Mexes, riportava in pareggio gli organici in campo e rinvigoriva l'Inter che, tramite un tiro di quelli speciali di Zanetti, riportava tutto in parità.
Una Roma poco cinica e, a volte, leziosa (ma quanto si piace anzichè concretizzarsi?) e la mancanza di ritmo e precisione di qualche giocatore (Pizzarro dove sei finito?)ha fallito una opportunità che aveva già nelle sue mani.
Interisti ringalluzziti che esibiscono uno striscione GAME OVER a significare che oramai lo scudetto è vinto. D'altronde anche il loro mister, prima dell'inizio, avrebbe firmato per un pareggio contro la Roma.
Ma quanto dobbiamo recriminare per qualche minuto di smarrimento della magica (?) che, anzichè regalarci un sogno già compiuto, ci lascia in quel limbo dove tutto ed il contrario, sono la stessa cosa?
Si dirà che il calcio è bello perchè è imprevedibile: certo, che un secondo giallo a Mexes (nonostante la sua ingenuità che lo ha causato) poteva essere evitato ma l'arbitro così ha deciso.
Dare tutte le colpe al francese non è giusto: se Aquilani avesse siglato il gol piuttosto che calciare a ridosso del portiere interista...ma, la teoria dubitativa, aprirebbe scenari talmente fantasiosi che, potremmo farci venire il mal di testa.
La realtà è che abbiamo regalato a chi non dovevamo punti preziosi e, per intera nostra responsabilità.
Possibile che quando i giochi si fanno duri la Roma non può gestire cinicamente la partita? E' solo senso di vertigine? Manca un santone per fare le makumbe?
Domani, il giro delle radio e dei quotidiani e delle trasmissioni tv, saranno piene di analisti, critici, commentatori che faranno i complimenti ai nerazzurri per averci creduto sempre, mentre la Roma sarà colpevolizzata di non avere le palle.
Per quanto mi riguarda, anche se mi rode, devo ammettere che è l'esatto quadro di ciò che si è visto stasera.
Forse, una Juventus non avrebbe perso questa occasione...

domenica 24 febbraio 2008

-9 +4: ARITMETICA? NO DIFFERENZE DI CLASSIFICA


Anche oggi è passata.
Una Roma vincente di misura sulla Fiorentina, ed un Inter che pareggia a Genova contro la Samp. Con la Juve perdente ieri, la classifica si modifica di conseguenza. I nerazzurri scendono a + 9 punti sulla Roma che, a sua volta, si allontana di 4 lunghezze dalla Juve, terza.
E, tra tre giorni a San Siro, scontro diretto che vale la riapertura del campionato e delle speranze, laddove i giallorossi vincessero contro l'Inter. Potrebbe ricominciare un ciclo dopo la vittoria sul Real e questa sui viola che, se fosse confermata anche a Milano, davvero inietterebbe una carica adrenalinica decisamente opportuna per continuare a far bene in Campions League e Campionato.
D'accordo, se dovessi nascondermi dietro il trukke trukke galopeiriano del 2000-2001, non dovrei parlare ne di tricolore ne di Mosca, ma dal momento che non sono scaramantico, azzardo questa possibilità. Certo che un crak della squadra di Moratti proprio all'interno delle mura amiche e contro la diretta rivale che si avvicinerebbe a - 6 lunghezze, potrebbe lacerare la corrazzata manciniana milionaria (due ipersquadre al posto di una!) gettandola nello sconforto psicologico, magari anche grazie l'esclusione dalla Champions. Tutto il contrario avverrebbe per i colori giallorossi che, potrebbero volare sulle ali dell'entusiasmo ed infilare una serie di prestazioni per proseguire la corsa in tutti e tre gli ambiti, sicuramente non pensando ad un grande slam, però...magari di vincere qualcosa.

sabato 23 febbraio 2008

MI RICORDO

Giornata calda, quella di quel giorno di fine maggio.




Alle 7 ero già accalcato davanti ai cancelli della Sud. Era il giorno della storia. Per la prima volta la Roma avrebbe disputato una finale della Coppa dei Campioni e, per fortuita coincidenza, proprio dentro le mura amiche dello stadio Olimpico.







L'anno prima, avevamo conquistato il nostro secondo scudetto: la Roma di Falcao, Di Bartolemei, Pruzzo, Conti, Tancredi...e del Barone Niels. Era la creatura voluta e oculatamente gestita dal presidente indimenticabile Dino Viola, quella delle lotte contro la Juve e i suoi soprusi stile Boniperti. Quella delle sfide con le ruberie dei bianconeri e di Platini. Ma era un altro calcio. La Roma aveva scoperto la zona e con sapiente calma svedese, e con una manciata di campioni, si era già fatta scoprire da mezza Europa e non era più la Rometta di Marchini o di Anzalone e neppure quella di Sacerdoti. L'ing. Viola, tessitore pragmatico di Aulla, aveva rilevato una società a pezzi e l'aveva ricostruita nel corso di un periodo relativamente breve. A quel tempo non c'era il biscione miliardario che sconvolse poi gli equilibri di un calcio mercato che doveva poi fallire, e i soldi si spendevano solo oculatamente. E così, mentre l'Udinese prendeva campioni brasiliani come Zico, la Fiorentina Socrates, il Torino Junior, noi facevamo venire da Porto Alegre uno sconosciuto: tale Paulo Roberto Falcao che ci fece riscoprire l'amore per il calcio.







Ma questo è solo l'antefatto di quel 30 maggio.






Dopo lo scudetto vinto a Genova e festeggiato a Roma, i giallorossi iniziarono la loro avventura europea, comunque considerti outsider di grandi squadre.



Era un torneo meno complicato della Champions attuale, dove si dovevano affrontare solo le prime classificate d'Europa e non di più.

Con umiltà ma con il gioco, la Roma era arrivata a giocarsi una insperata finalissima dopo un ciclo di incontri che, uno dopo l'altro, le avevano fatto guadagnare questa opportunità e contro il diabolico Liverpool di Rush.

La città era in fermento da tempo: dopo l'anno appena trascorso che aveva riportato il tricolore dopo 42 anni e la splendida cavalcata in coppa Campioni, tutti erano convinti che -anche grazie alla cabala che ci aveva assegnato la finale- il maggior trofeo calcistico europeo, fosse destinato a restare a Roma.

Sappiamo tutti come andò a finire: un gol irregolare (c'era stata carica al portiere) che lanciò i rossi inglesi, il pareggio di Pruzzo con un colpo di testa a palombella, portò le squadre negli spogliatoi in pareggio e a nulla valse uno sterile secondo tempo (con Pruzzo uscito) e neppure i supplementari. I rigori maledetti decretarono la vittoria dei red devil per gli errori di Graziani e Bruno Conti, beniamini della curva ed anche il processo per il rifiuto del 'divino' Falcao di calciare un penalty.
Ma quel lungo giorno, iniziato alle sette del mattino davanti ai cancelli, fu lungo da vivere.
Davvero lungo. La ressa, gli spintoni, il caldo, il non potersi più muovere dalla po

sizione acquisita e totalmente difesa, faceva sì che il tempo passasse più lentamente di quello che doveva. L'apertura dei cancelli era prevista solo nel pomeriggio, giocando alle 21, ma tra urla, strepiti, maledizioni e parolacce, si riuscì ad entrare poco dopo il mezzogiorno, assaltando la curva per guadagnare i 'soliti' posti.

Il gruppo di amici con il quale ero solito andare allo stadio, prese possesso del nostro spicchietto a destra della Sud a metà altezza e, ci accovacciammo leggendo ogni tipo di giornale sportivo, totalmente dedicato all'evento. Come abituati a fare, non mancavano panini e sigarette ma, era tanta la tensione che tutti avevamo perso la fame e la voglia di chiacchierare. Guardavo ogni 3-4 minuti l'orologio per vedere il tempo non passare veloce e, sigaretta dopo sigaretta, cercavo si smorzare la tensione che aleggiava in tutto lo stadio. Poi, arrivarono i temibili supporters del Liverpool. Mezzi nudi e totalmente ubriachi, avvolti nelle loro bandiere e sciarpe rossobianche cantavano a squarciagola le loro litanie che in pochi riuscivano a capire. Ovvio che dalla Sud già piena, gli si rispondeva e li si mandava amichevolmente a fare in culo. Tutto questo per ore ed ore per ammazzare una noia figlia del nervosismo e sempre con il sole in pieno viso.
Poi, calarono le ombre, lo stadio era pieno tranne piccoli spazi divisori tra nord e tevere e nord e monte mario. La sud aveva già dato ed era rimasta senza voce. Entrarono le squadre in campo da sotto il passaggio della Sud. La Roma in divisa bianca e gli inglesi in rosso. Quando vedemmo la capigliatura riccia e la sagoma lungilinea del divino Falcao, la Sud esplose. Fumogeni, centinaia di rotoli di carta igenica lanciati verso il basso, lo sventolio di bandiere, ed un coro immenso riempì ogni angolo dello stadio. Questa si, era finale.






venerdì 22 febbraio 2008

INFORMAZIONE E DINTORNI


Quando si parla di Roma, o della Roma, l'informazione latita di correttezza. Si enfatizzano i mali della città e della squadra (che paiono andare di pari passo) senza parlare onestamente e con netta sincerità.

Purtroppo, siamo abituati noi romani, ad attendere con pazienza e un pò di indolenza, il momento giusto per ribattere a gratuite accuse e a soprusi di ogni genere, atti a criminalizzare la civis romana anche se si parla di calcio.
Poi, quando la pazienza raggiunge il minimo storico, esce dal cuore la pasquinata atta ad ironizzare quanto subìto magari da tempo.
Certo, sappiamo che ci sono giornalisti pennivendoli che devono attenersi ad una linea editoriale prestabilita dall'alto, senza considerare che una capitale che è anche una metropoli di uno Stato che ha endemici mali secolari, non può essere scevra da limiti e brutture.
Però siamo noi romani i primi a rendercene conto e vorremmo tanto che la nostra città cambiasse in meglio. O che tornasse ad essere quella di un tempo anche se questo, non sarà mai possibile. L'evoluzione delle cose, il progresso (sic!) e le mutazioni fisiologiche della società non ci permettono di sognare più di tanto e, chiaramente, di poter riavvolgere il nastro delle cose e della vita.
Però, cazzarola!, l'informazione davvero necessita di una controinformazione per bilanciare le menzogne che ogni giono stampa e divulga attraverso i media?
Pare proprio di si se si tolgono rare eccezioni che, confermando la regola, sono ben nascoste agli occhi dei più.
Perchè blasfemare la Capitale? Invidia? Interessi? Comunque sia, è pura malafede!
Lasciateci in pace per favore...

martedì 19 febbraio 2008

LASCIATEMI SOGNAREEEEEEEE




ROMA BATTE REAL 2-1




Eh si, proprio una notte magica questa. Di fronte allo stellare Real Madrid, la Roma si è imposta per 2 a 1. Paura iniziale accompagnata da un insolito timore. Si sapeva, la squadra non era la brillante compagine che ci ha regalato entusiasmanti partite fatte di un gioco brillante e veloce. Una flessione evitabile oppure no ma siamo agli ottavi di finale di Champions e l'urna ci aveva regalato un pessimo avversario.


Ma, in una notte di sogni pur sfiorando l'incubo dopo lo 0-1 siglato da Raul, la squadra ha reagito. Di certo in maniera farraginosa però riuscendo nell'intento. Pizarro regolava Casillas con un potente tiro a coronamento di una bella azione firmata Totti e Mancini. Poi, lo stesso capitano riusciva a calamitare un gran lancio in avanti con uno splendido aggancio e smarcava Mancini in aerea piccola per fargli depositare la palla in rete. Il Real era battuto.


Uno splendido Daniele De Rossi, uscito da uno stato febbreli solo poche ore dall'incontro, è stato il giocatore giallorosso più presente ed incisivo, puntellando una difesa che si è ben comportata aiutata anche dalla fortuna nell'occasione del palo colpito da Van Nistelrooy.


L'importante era di presentarsi al Santiago Bernabeu in vantaggio è la magica così entrerà in campo. Ci sarà da soffrire per almeno 90' ma, lasciatemi sognare un passaggio ai quarti che, dopo l'estrazione della nostra avversaria, appariva impossibile.


E, a proposito di incubi: che ne dire della sconfitta per 2-0 dell'Inter? E si che Chivu sognava una finale a Mosca proprio contro la Roma.
Forse noi ci saremo...




Sempre FORZA ROMA!



DUE ORE....


La febbre sale e l'Olimpico già presenta la Sud piena. E' quasi una classica o, per lo meno io, la intendo così: Roma-Real è come Roma-Juve o Roma-Lazio. Nel mio immaginario, battere le merengues è come vincere contro i nemici storici della Magica. Sarà perchè il Real è il Real o, perchè, amo sognare traguardi fondamentali raggiunti proprio battendo storiche squadre piuttosto che piccoli comprimari dove, se li vinci, tutti possono dirti "troppo facile" e se perdi ti apostrofano con "manco co' le piccole...". Invece i blasonati madrileni non consentono tali ragionamenti e vincere contro le stelle è sempre emozionante.

120 minuti al via e il cuore già batte forte per sognare e per godere di uno spettacolo che mi auguro sia divertente e positivo per la Roma.

Daje Roma Daje, avrebbe gridato Dante prima di suonare in modo stonato la sua trombetta da quell'angolo a sinistra della curva Sud quando l'Olimpico era l'Olimpico.

lunedì 18 febbraio 2008

TRA I RICORDI....


Giravo per Testaccio e Garbatella nel giorno dell'ultimo scudetto e cercavo di immortalare le scene di entusiasmo che, ad ogni angolo, trovavo divertenti. Quando, proprio all'inizio di via Galvani m'imbattei con un gruppo di tifosi che ballavano e cantavano, dando fiato alle trombette vendute per strada, per aumentare la confusione.
Vidi questo piccolo striscione e, inutile sottolinerlo, lo fotografai al volo.
E' una piccola ma grande filosofia dell'immenso popolo giallorosso e racchiude in pochi elementi, quanto di denominatore comune ci sia nei milioni di tifosi romanisti. SE LAVORA E SE FATICA PE LA ROMA E PE LA FICA. Mi rendo conto che non tutti possono pensarla a questo modo ma, per fortuna, il mondo è bello perchè è vario e perchè c'è spazio anche per una spicciola maniera di vedere ed interpretare le cose.

PENSIAMOCI:BATTERE IL REAL E' POSSIBILE!

SI PUO' FARE!

Non per ripetere uno slogan di moda in questo momento ma il SI PUO'FARE deve essere fatto proprio da tutti i giocatori che scenderanno in campo martedì nella sfida di andata di Champions contro le merengues.
Vero è che siamo scarichi e poco brillanti ma, sono convinto che gli stimoli di una partita contro il Real in uno scenario internazionale, possa offrire tutte quelle motivazioni che .magari- sono mancate in quest'ultimo scorcio di stagione in tanti giocatori della Lupa.
In un Olimpico straboccante di tifo, romani e romanisti acquisiti (vedasi er Sor Philippe, tanto per fare un esempio...) tireranno fuori tutta la grinta per offrire una partita degna di un leale combattimento calcistico.
Ci saremo noi come 12° in campo pronti ad urlare il nostro amore per la Roma.
Sempre Forza ROMA.
E TE PARE POCO?

E ADESSO?



- 11 punti: distanza siderale dalla puzzona ed aiutata Inter milionaria. No, no è quello che mi preoccupa. Se è il ciclo dei nerazzurri che ora guadagnano (non sempre in modo lineare e sereno) quanto maturato dal patron Moratti nel corso della sua gestione, bene per loro. Il problema risiede in un altro ambito.

Perchè la Roma non gioca più come prima? Si dice che molti (troppi) giocatori siano fuori condizione e stanchi. Certo, facendo un rapido escursus su quanto già visto in questo campionato, non ci sono dubbi che Perrotta non è il Perrotta che abbiamo ammirato. Ma anche Taddei non è Taddei. E poi ci sono i noti problemi del capitano e, scusate, quando non gira lui...
Se a inizio campionato, pur perdendo dei colpi (vedi i pareggi immeritati conquistati dai ns avversari quando si era in vantaggio che non abbiamo saputo gestire) comunque il gioco era quello rapido e spumeggiante di mr Spaletti, adesso vediamo al contrario, una squadra stanca fisicamente e poco lucida.
Si, può essere che il team di sia reso conto che anche questo scudetto andrò a Milano quest'anno e, forse, punta tutto sulla Champions però, non ci sta tutto questo ragionamento.
E' in pericolo anche il secondo posto con la Juve a -1 e si sa, quanto importante sia entrare il prossimo anno tra le belle d'Europa, passando dalla porta principale.

Credo che il problema della mentalità sia fortemente radicato nella Roma: quando ariva il momento di raggiungere il top, per uno schema paralizzante, la squadra mostra segni inequivocabili di vertigini per il non essere abituata a combattere. Non posso credere che Pizarro diventi una pippa all'improvviso o che Mancini imbrocchi una partita ogni quattro. Non possiamo sempre cercare giustificativi sulla panchina corta (come ad esempio la scorsa stagione). Quest'anno l'allenatore ha voluto ed ottenuto quasi tutto quanto richiesto: un doppio per ogni ruolo eppure, Esposito ha fatto la stessa fine di Tavano e non solo.

Confusione? Problemi di spogliatoio? Cattive relazioni con la società?
Forse, o forse no.
Quello che appare evidente è il fatto che la Roma non gioca più, annaspa. E quando trova squadre ostiche (anche l'Empoli?) mostra i suoi difetti.
Difficile tarare l'equilibrio che manca all'improvviso ma, sicuramente, si deve!